Gli aumenti energetici, la guerra nell’Est Europa, le incertezze economiche e un’inflazione al 6,7% stanno mettendo in crisi il settore agroalimentare italiano e le filiere produttive ad esse collegato. Da mesi le industrie del comparto stanno subendo aumenti continui lungo tutta la catena produttiva tanto che, per molte Pmi, ormai produrre in perdita è diventata quasi una prassi. Gli aumenti più consistenti, causati nell’ultimo periodo dal conflitto fra Ucraina e Russia, stanno riguardando grano, soia, mais, olio di girasole e fertilizzanti mentre quelli legati principalmente al caro energia, toccano un po’ tutti i settori che vanno dal vino alla pasta, dalla verdura alla carne, dal pesce ai formaggi fino al latte e al pane.
Il boom dei prezzi e la guerra in Ucraina hanno ridisegnato il quadro degli approvvigionamenti nazionali e stanno facendo emergere delle criticità che prima del 24 febbraio -scoppio della guerra- non erano evidenti. Gli effetti del conflitto sul comparto agroalimentare hanno prodotto un deficit nelle importazioni dall’Ucraina di mais e semi oleosi, e dalla Russia dei fertilizzanti con effetti negativi che si stanno scaricando sulle catene produttive, alimentari e nei consumi.
Dal mondo delle industrie agroalimentare emerge chiaramente come i settori più in crisi siano quelli cerealicoli per i quali, nonostante il governo abbia stanziato con il Decreto Ucraina 195 miliardi di euro, i provvedimenti adottati, risultino insufficienti per supportare adeguatamente la crisi di prodotto in atto.
“C’è un forte cortocircuito che riguarda i cereali – ha dichiarato il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio. Dire cereali non vuol dire solo pasta, pane e prodotti da forno, ma anche i principali alimenti per la zootecnia, -ha proseguito- per cui quando parliamo di cereali, vediamo che sono coinvolte anche le carni, i salumi, il latte e i formaggi. I cereali riguardano oltre il 70% delle filiere del made in Italy, si tratta dei due terzi dell’industria alimentare che ha a che fare con questo tipo di produzioni, per esempio per foraggiare gli animali, o per nutrire le galline che fanno le uova. Per questo motivo -ha concluso- la situazione attuale è molto preoccupante”.
Alla luce di quanto sta avvenendo nell’Est Europa, in Italia ma in generale fra gli Stati membri della Ue, si sta facendo strada la convinzione – ribadita durante il Consiglio europeo informale a Versailles – di ridurre progressivamente la dipendenza delle importazioni dei prodotti agricoli ritenuti “chiave”, in favore di una indipendenza che sia raggiunta nel medio-lungo termine e che porti l’Italia, così come tutti gli Stati della Ue, ad una autosufficienza nell’industria agroalimentare e nelle forniture di prodotti.
“Dobbiamo costruire accordi solidi con i fornitori – ha sottolineato il presidente Vacondio, secondo il quale attraverso questi accordi “saremo in grado di risolvere il deficit di materie prime col quale ci stiamo confrontando”.