E’ utile peraltro sottolineare che dal 25 agosto di quest’anno sarà obbligatorio, per i derivati del pomodoro (pomodori pelati interi, pomodori non pelati interi, pomodori in pezzi, concentrato, passata di pomodoro) e per i sughi e salse preparate a base di pomodoro il cui peso netto totale è costituito per almeno il 50% dai derivati di pomodoro – trasformati e venduti in Italia – indicare in etichetta il Paese di coltivazione e quello di trasformazione del pomodoro. La norma potrà senz’altro porre un argine alle speculazioni sterili e strumentali che l’industria ha subito e continua a subire e garantirà al consumatore la massima trasparenza.
ITALIA AL TOP NELLA PRODUZIONE DI POMODORO
Partiamo da un dato di fatto. L’Italia, con 5.26 milioni di tonnellate di pomodoro trasformate nel 2017, è il primo produttore tra i Paesi dell’Unione Europea e il terzo al mondo, dopo gli Stati Uniti e la Cina. Sicuramente è, da sempre, il primo produttore al mondo di derivati destinati al consumatore finale. Nel 2017 il fatturato del comparto ha raggiunto quota 3,1 miliardi di euro di cui oltre il 50% generato dall’export.
I derivati del pomodoro venduti sugli scaffali dei supermercati del Bel Paese sono ottenuti da prodotto 100% italianoche viene processato, all’interno degli stabilimenti nazionali, entro massimo 24h dalla raccolta. Quindi che si parli di pomodoro cinese per i pelati, la polpa e i pomodorini è un assurdo. Dal concentrato, sia esso importato o prodotto in Italia, che ha una caratteristica di liquido, non si possono ottenere prodotti solidi: sarebbe come pretendere di ricavare da una bottiglia di vino trenta grappoli d’uva.
Per quanto riguarda la passata prodotta in Italia, per legge deve essere ottenuta solo da pomodoro fresco. Nell’etichetta si impone l’obbligo, già dal 2006, di indicare l’origine della materia prima utilizzata, precisando la Regione o lo Stato in cui è avvenuta la coltivazione del pomodoro, per cui non esiste alcun rischio per i consumatori di trovare concentrato all’interno delle confezioni.
CONCENTRATO CINESE, IMPORT RIDOTTO E SOTTO CONTROLLO
Passando ai numeri del prodotto concentrato importato, si registra (dati Istat 2017) un ingresso da diversi mercati quali gli Usa (37%), la Spagna (29%), la Cina (20%) e il Portogallo (10%). Le importazioni dai due maggiori Paesi produttori, Cina e Usa (California), variano in base alle oscillazioni dei tassi di cambio e delle produzioni/sovrapproduzioni interne.
Cosa significano questi dati e perché, pur essendo tra i principali produttori di pomodoro in Ue e nel mondo, importiamo prodotti dall’estero, compresa la Cina? E questo meccanismo penalizza la produzione interna?
Nel 2017 si è avuta un’importante riduzione dell’importazione di concentrato che è passata da 207mila tonnellate del 2016 a 163mila. Comunque, circa il 90% delle importazioni di concentrato di pomodoro da paesi extracomunitari, e quindi anche dalla Cina, avviene in regime di TPA (traffico di perfezionamento attivo)o temporanea importazione, per cui il concentrato entra temporaneamente nel territorio nazionale a scopo di perfezionamento (lavorazione, trasformazione o riparazione), per poi essere riesportato verso paesi extra comunitari, prevalentemente nord Africa. Africa occidentale e medio Oriente. Tutto il percorso è documentato ed è sottoposto a controlli da parte della Guardia di Finanza, delle Dogane e delle autorità sanitarie, e così via
ITALIA ALTA QUALITA’ ANCHE NELLA PRODUZIONE DI CONCENTRATO
Il valore dell’import di concentrato cinese è stato pari a circa 33.000 tonnellate nel 2017, di cui poco più di 28.000 riesportate verso Paesi terzi. Restano in Europa poco più di 4.000 tonnellate di pomodoro concentrato cinese: un valore poco significativo, anche in termini statistici, se si considera che in Italia, da pomodoro italiano, vengono prodotte circa 320.000 tonnellate di concentrato, utilizzato per la produzione di prodotti di qualità a base pomodoro destinati anche ai mercati esteri. Infatti, il consumo italiano di concentrato di pomodoro è pari a poco più dell’1% del mercato dei derivati del pomodoro (Fonte IRI Information Resources s.r.l.. ) e quello venduto sui nostri scaffali è un prodotto di alta qualità che viene trasformato per la maggior parte da un unico player che da anni indica sul tubetto l’origine 100% italiana del pomodoro utilizzato, ed è particolarmente apprezzato dai consumatori.
Il pomodoro coltivato in Italia è, per la sua elevata qualità, destinato alle produzioni di maggiore “pregio” – come, ad esempio, i pomodori pelati, prodotto caratteristico delle aziende del Bacino Centro Sud – che l’industria conserviera, con grandi difficoltà, cerca di vendere (non sempre riuscendo) a condizioni sufficientemente utili a coprire il costo della materia prima che resta il più alto al mondo.
Inoltre, andando ad esaminare i dati – elaborati dall’ufficio studi di ANICAV – Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali su dati Istat – emerge chiaramente che l’Italia esporta molto più concentrato di quello che importa (330mila tonnellate di export contro 163mila tonnellate di import). Dunque, l’assunto per il quale le importazioni andrebbero a penalizzare la produzione interna non corrisponde alla realtà dei fatti.
Redazione