MANGIARE CARNE ROSSA FA MALE ALLA SALUTE?

Qualche tempo fa si è fatto molto clamore e altrettanta confusione intorno alla notizia della classificazione della carne fatta dall’OMS, e in particolare dell’IARC, la sua agenzia che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze. Siamo nell’ottobre 2015, infatti, quando esce su tutti i media che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la carne rossa come “probabilmente cancerogena” e la carne rossa trasformata – in particolare bacon e wurstel – come “sicuramente cancerogena”.
Ma vediamo di ricostruire la verità dei fatti senza prestare il fianco a falsi timori. Infatti non è sufficiente sostenere che esiste una correlazione fra consumo di carne rossa e tumore al colon. Bisogna prendere in considerazione lo scenario analizzato.

Per la sua valutazione l’IARC ha preso in considerazione studi epidemiologici su popolazioni che consumano quantità di carni e salumi anche cinque volte superiori rispetto a quelle consumate Italia.
Ciò che emerge dallo studio e che è stato poco o per nulla evidenziato nei titoli allarmistici dei media è che l’aumento del rischio non solo è proporzionale alla quantità e alla frequenza di consumo, ma aumenta anche in relazione a prodotti che poco hanno a che fare con quelli italiani. Lo studio dell’IARC, infatti, è stato condotto su soggetti che consumano molta più carne rossa rispetto agli italiani e carni trasformate (bacon e wurstel) totalmente diverse dai nostri salumi.
Non si è tenuto conto, perciò, che la stessa IARC si è espressa su dati relativi al consumo di carni “processate” secondo metodologie estranee alla tradizione salumiera del nostro Made in Italy. Questo è confermato anche dallo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nutrition and Cancer e condotto dal team del prof. Carlo La Vecchia, ordinario di statistica medica ed epidemiologia all’università degli studi di Milano.
Ricapitoliamo: non è il consumo di carne all’interno di una dieta bilanciata a essere la causa di un aumento del rischio di ammalarsi di cancro. Il rischio aumenta con l’aumentare spregiudicato del consumo e scegliendo prodotti sottoposti a trattamenti diversi da quelli della tradizione dell’industria manifatturiera italiana.

 

IN ITALIA QUANTA CARNE ROSSA CONSUMIAMO?

I consumi italiani di carne rossa sono risultati molto più limitati. A dimostrarlo è uno studio presentato nello scorso settembre (“Consumo reale di carne e di pesce in Italia” a cura di Vincenzo Russo, Anna De Angelis, Pier Paolo Danieli – ed. Franco Angeli). In Italia il consumo effettivo di carne rossa e di salumi, risulta 69 g/pro capite al giorno (24,8 g per la sola carne bovina), ben al di sotto dei 100 g al giorno indicati da OMS/IARC quale soglia di rischio nel favorire la comparsa di forme tumorali.

 

COSA MANGIAMO QUANDO MANGIAMO CARNE ROSSA?

La carne contiene un’alta quantità di proteine ad alto valore biologico. Insieme al pesce e alle uova, è classificata in un gruppo alimentare fonte di proteine, perché fornisce quantità significative di amminoacidi essenziali. Non solo. La carne restituisce al nostro corpo anche vitamine e minerali – come ferro, zinco, selenio – e vitamine del gruppo B, come vitamina B12 e folati.
La carne è la fonte migliore di “ferro-eme”, e cioè un tipo di ferro che è da due a tre volte più biodisponibile del ferro non eme e viene assorbito per il 15-35% contro il 2-8% di tutto il ferro che contiene, mentre nelle carni bianche come il pollo, i contenuti di ferro e ferro eme sono inferiori. La carne di maiale ha valori intermedi tra manzo e pollo. Oltre a questi componenti nutrizionali di base, gli studi hanno rivelato che la carne contiene molti composti bioattivi, come l’acido linoleico coniugato, la carnosina e la carnitina, che intervengono nella protezione da diverse patologie croniche e nel miglioramento della prestazione sportiva. Inoltre, rispetto al passato, le carni hanno un minor contenuto di grassi. Oggi, infatti, grazie a metodi di allevamento moderni e alla selezione delle specie allevate e ai mangimi attentamente formulati, si sono ottenute carni con livelli di grassi decisamente inferiori. Confrontando i dati del 1996 e del 2005 contenuti nelle tabelle di composizione degli alimenti, il CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – dimostra che i grassi del filetto di una carne bovina sono passati dal 5% al 2,2%, quelli della lombata dal 5,2% all’1,3%. Una riduzione che ha interessato tutti i tagli della carne bovina, ma anche la carne suina e i salumi.

 

COME CUOCERE LA CARNE ROSSA?

La cottura della carne alla griglia o in padella ha sicuramente i suoi vantaggi perché di fatto causa cambiamenti nella struttura chimica delle proteine, aumentandone la digeribilità e il potenziale nutritivo. Per una bistecca cotta a regola d’arte considerare 55° se si desidera gustarla al sangue, 60° per una cottura media e 70° per una bistecca ben cotta. Da evitare invece la cottura a temperature elevate o con il cibo in diretto contatto con una fiamma o superfici calde, come il barbecue o la frittura, perché produce diversi tipi di sostanze chimiche cancerogene, come gli idrocarburi policiclici aromatici e le ammine aromatiche eterocicliche. Ma questo fenomeno è indipendente dal tipo di cibo e riguarda anche la carbonizzazione di altri alimenti come pesce, verdure, pizza ecc.

 

Redazione