Nel 2021 vola il mercato dei superalcolici. Se durante il periodo pandemico, a causa della chiusura del settore Ho.Re.Ca e della ristorazione, i numeri del comparto avevano vissuto una fase di forte decrescita, con le riaperture e il progressivo ritorno alla normalità, per il settore beverage il 2021 è stato l’anno della grande ripresa.  

Aperitivi, digestivi, liquori e, in generale, tutto ciò che ruota intorno ai brindisi e agli happy hour registra numeri positivi, e ciò avviene nel campo dei consumi targati made in Italy. Questo dato evidenzia che la scelta dei consumatori, italiani e stranieri, è quella di rivolgersi all’italian way of life ovvero, di ricercare e consumare tutto ciò che il mondo ci invidia e tenta di imitare. 

Secondo i dati pubblicati dall’Osservatorio Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, nel mercato interno, le vendite dei superalcolici sono cresciute, del 6,5% nel 2021 sul 2020, arrivando a 1,2 miliardi euro, registrando progressi in tutte le categorie: i best performer sono gli aperitivi alcolici (+17,3%), seguiti da amari (+7,1%), liquori dolci (+3,3%) e distillati e acquaviti (+3%). 

Se, dunque, il mercato interno ha confermato la sua crescita, il 2021 ha visto anche un nuovo record per le bevande alcoliche nazionali fuori dai nostri confini. La crescita dell’export degli ‘spirtis’, infatti, ha superato gli 1,3 miliardi di euro nel 2021, un +23% rispetto al precedente anno, con l’Italia che si conferma il secondo paese esportatore di liquori dopo la Germania ma ben prima di Irlanda, Francia e Regno Unito.

Grande cautela, invece, per il 2022 da parte degli operatori del settore. I rincari delle materie prime, il conflitto nell’Est Europa e le incertezze economiche globali, spingono gli analisti ad adottare molta prudenza. Secondo l’Osservatorio Spirits, infatti, per il 2022 agli operatori mancherà il mercato russo. 

Nel 2020 la Russia aveva importato superalcolici e vini con un aumento di ben il 76% in più rispetto al 2019, il conflitto in corso e le sanzioni, produrranno di fatto una forte contrazione che si ripercuoterà nel mercato interno, nell’export e nel fatturato complessivo delle aziende produttrici che, inevitabilmente produrrà i suoi effetti negativi, anche sul PIL italiano.